QUATTROCENTO
Quattrocento è
una scommessa difficile. Quattrocento è un tentativo di sintesi,
di scelta, è un tentativo di indicare qualcosa: il percorso
dell'arte livornese più quotidiana e meno gridata, vissuta
attraverso le opere di tre artisti tanto diversi nell'età,
nel carattere, nelle tecniche e nella propria concezione artistica,
ma anche nella propria affermazione.
Max Mazzoli è "fuggito" da Livorno anni fa. Classe
1953, estrazione popolare e marinara, ha trovato il suo palcoscenico
in una Sardegna per certi versi molto livornese, quella Sassari fatta
di vicoli stretti e proiettata verso il mediterraneo, da cui ha fatto
conoscere e apprezzare in tutta Italia i suoi lavori ispirati per
gran parte dall'altra arte vicina, quella cinematografica: spesso
grandi opere dipinte ad olio che sono veri e propri frame di visioni
e ricordi vissuti da ognuno di noi.
Accanto a Mazzoli l'arte livornese più giovane e quasi irriverente
della nuova generazione di artisti contemporanei: i Koroo, poco più
di 30 anni e grandi quadri dipinti a quattro mani, indagando e cercando
il punto in cui le prospettive tracciate dai pensieri dei protagonisti
delle loro opere si intersecano con quelle grandi palazzi post-bellici
della Livorno ricostruita. Lavorano ancora a Livorno, espongono ancora,
talvolta, a Livorno, ma la loro arte è esplosa, quasi adorata,
nella lontanissima e diversissima Udine.
Nella mostra Quattrocento - che si chiama così perché
quest'anno Livorno festeggia i 400 anni dalla propria fondazione -
c'è infine Riccardo Ruberti. Appena 25 anni, terminati da poco
gli studi all'Accademia, linee pure e perfette, quasi esasperate nella
cura dei dettagli che dimostrano una tecnica invidiabile e da gustarsi
senza preconcetti: troppo giovane per sentirsi obbligati a giudicare,
troppo bravo - e, fortunatamente, ancora un po' acerbo - per non pensare
a un futuro per questo giovanissimo artista, scanzonato e irriverente
come nell'immaginario collettivo devono essere i livornesi. Finché
non dovrà spiccare il volo come i suoi insetti, lontano. "Perché
Livorno dà gloria soltanto all'esilio, e ai morti la celebrità"
(Modì, Vinicio Capossela).
CRISTINA
OLIVIERI
Livorno,
aprile 2006