NICOLA PERUCCA:
LE CITTA' VISIBILI
Le
opere di Nicola Perucca raccontano con naturale evocazione e suggestiva
teatralità una serie di visioni, reali o fantastiche, con i
loro processi nascosti e le loro energie vitali. Sono preziosi tasselli
di una realtà in costante divenire, fisica ed effimera allo
stesso tempo, che l'artista realizza con vitalità cromatica
e materica in una costante ricerca formale che lo porta a una pittura
che alterna colori opposti e masse lucide a zone opache. Sul piano
tecnico, Perucca sovrappone neri e blu facendo irrompere nella stesura
lampi di luce, azzurri delicati, marroni e grigi caldi e, soprattutto,
squarci di bianchi purissimi perché a questo cromatismo impetuoso
riesce a coniugare quegli elementi allusivi e intuitivi che caratterizzano
la tematica fondante della sua produzione: l'esplorazione attenta
delle differenti declinazioni del concetto di natura.
Le immagini che emergono dal supporto sono il riflesso della cultura
e della creazione personali dell'artista, che immerge la nostra mente
in una pittura densa di archetipi, miti classici, poesia, filosofia
e letteratura fantasy: Perucca riesce a trasformare un dato in un'icona
stimolando l'impulso inconscio dello spettatore che segue con lo sguardo
il corso stilistico dell'opera, fino a cogliere in modo improvviso
e inaspettato il pensiero che la sottende e che sfocia irruente. In
questi scenari di ricordo ancestrale, bloccati in un apparente fermo-immagine
ma avvolti da un turbinio di forze, le costruzioni dell'uomo si fondono
e contemporaneamente si confondono con gli aspetti naturali: l'osservatorio,
la biblioteca, le trame di una città o di un edificio, le onde
del mare, le vene di una montagna, i rami di un albero sono tutte
strutture che obbediscono a una pressione interna che nasce e vive
in funzione dell'esterno, quindi del cosmo, perché nell'arte
di Perucca il confine tra l'artificio della pittura e l'organicità
della realtà vacilla fino all'indistinzione.
In questa particolare natura, fisica e urbana, si muovono piccole
figure, verosimili ma non vere, delineate con colori volutamente 'leggeri'
perché l'umanità si integra agli spazi frammentati,
fatti di linee inclinate e dinamiche, ma non li domina ed è
posta lì dal pittore per avvertirci quanto la visione oggettiva
possa essere ininfluente all'interpretazione di queste opere cariche
di un'atmosfera intensa e, a volte, misteriosa.
Ci troviamo di fronte a un mondo dell'origine già nucleo del
futuro in cui la pittura segnica è in rapporto dialettico con
elementi diversi e metalinguistici che si intrecciano in modo spettacolare:
l'appropriazione del reale diventa mezzo d'indagine del mondo esterno
che viene analizzato attraverso un particolare per essere reinterpretato
in una visione intima che è una sorta di universo alternativo
al nostro, un universo opposto alla quotidianità, testimone
diretto di un'arte che guarda al passato, partecipa al presente e
vuole proiettarsi nel futuro. Perucca sembra suggerirci che tutto
ciò che ci circonda, ma che raramente i nostri occhi riescono
a percepire, riflette quell'idea primordiale da cui si è generato
il cosmo e che plasma la nostra interiorità. La sua arte diviene,
quindi, processo fondamentale di una libertà creativa e di
un istinto profondo, senza vincoli e retaggi concettuali, in cerca
di quell'essenza generatrice e senza tempo di pensieri e immagini
che non hanno un preciso corrispondente nel reale, ma che diventano
più veri nel momento in cui nascono non contaminati da interpretazioni
precedenti nella pittura.
Ogni quadro è un luogo dove il pittore elabora una forma visivamente
tangibile e, allo stesso tempo, inafferrabile, e in cui la peculiarità
del linguaggio risiede proprio in questa volontà di rivelare
il lato ancestrale e fantascientifico di ogni aspetto passato e presente,
legato alla natura terrena o universale, che esiste da sempre e che
rimarrà in futuro: Perucca riesce, infatti, a far riemergere
quegli strati del nostro preconscio rendendo espliciti pensieri complessi,
stimolando un'intima riflessione e creando nell'osservatore una nuova
tensione intellettuale.
FRANCESCA
MARIANI
La
Spezia, settembre 2010